mercoledì 20 luglio 2022

ONE SUMMER STORY (Kodomo wa wakatte agenai, OKITA Shūichi, 2020)

SPECIALE OKITA SHŪICHI


Minami Sakuta è una studentessa di seconda superiore con due grandi passioni, il nuoto e una serie animata, Maho sakan otome Buffalo-Koteko che ogni settimana guarda quasi come un rituale. Un giorno d’estate, dopo aver finito di allenarsi nella piscina della scuola, vede qualcuno impegnato a disegnare la protagonista della serie animata del suo cuore sul tetto dell’edificio scolastico: è così che incontra Shohei Moji, ragazzo proveniente da una famiglia di maestri calligrafi e con cui subito lega. Cominciate le vacanze estive, la ragazza, di nascosto da sua madre e dal padre acquisito, decide di incontrare il suo padre biologico, scomparso dalla sua vita quando ancora era piccolissima. 

Adattato dall’omonimo manga di Rettō Tajima, il film si apre con quasi cinque minuti di animazione che, scopriamo in seguito, è quella che Minami e suo padre stanno guardando in religioso silenzio alla televisione del salotto di casa. Fin dalle primissime scene siamo quindi introdotti alla famiglia della protagonista e nelle sue particolari dinamiche, il padre “otaku”, la madre sorridente e il vivace fratello minore che salta e vocifera per la sala per farsi notare. Dall’ambiente casalingo, l’azione si sposta nella scuola superiore dove la ragazza si sta allenando per una gara di nuoto, e dove incontra in seguito Shohei, ecco allora che i due poli dove si svolge la maggior parte della vita dei giovani giapponesi, casa e scuola, sono subito esposte allo spettatore. Ma l’estate è periodo di vacanza per gli studenti anche in Giappone, di solito poco più di un mese fra la fine di luglio e la fine di agosto, e benché sia le attività sportive che quelle artistiche si svolgano anch’esse nello spazio scolastico, spesso il periodo estivo significa anche rottura, temporanea, della routine quotidiana che si protrae altrimenti per tutto l’anno.  

In questo senso, il viaggio della ragazza verso una zona di mare, dove va a incontrare per la prima volta il suo padre biologico, scomparso dopo aver aderito a una setta religiosa, è sì un viaggio di scoperta personale, ma anche un uscire dalla propria quotidianità, in cui comunque la ragazza si trova benissimo. Come spesso accade per i personaggi creati da Okita, Minami, pur “abitando” agiatamente le istituzioni cardine della società, famiglia e scuola, è anche in qualche modo una outsider. Uno degli esempi più divertenti, perchè il cinema di Okita è un cinema che mette spesso di buon umore, lo si ha quando l’allenatore di nuoto fa un serio discorso di fine corso ai suoi studenti e mentre tutti piangono, Minami è l’unica che, rendendosi conto dell’inutile seriosità del momento, ride. Oppure quando telefona al fratello di Shohei che la sta aiutando a trovare suo padre, dall’interno di un bagno della scuola, con la sorpresa dell’amica che la vede uscire concitata. 

Tutti gli attori, a cominciare da Kamishiraishi Moka nel ruolo della protagonista e Toyokawa Etsushi in quello del padre naturale, sono molto bravi a mantenere durante tutto il film quel sottile equilibrio tra comico e serio che rappresenta forse una delle caratteristiche più peculiari e riuscite del cinema di Okita. Nessuno si lascia andare nè in una direzione né nell'altra, e sarebbe molto facile diventare macchietta o dare spazio a un eccessivo sentimentalismo, ma la sceneggiatura è ben curata e misurata e viene spesso aiutata dalle musiche, comico-surreali, che smorzano ed attutiscono i momenti che rischiano di diventare troppo melensi. È significativo che uno dei momenti più toccanti di tutto il film, quando padre biologico e figlia si lasciano, sia privo di musiche e con lo sguardo della macchina da presa che si ferma per lungo tempo nella casa vuota del padre. 

Storia di crescita giovanile, delicato racconto del rapporto padre-figlia, ma anche tipico lungometraggio estivo giapponese, le inquadrature dall’interno della casa verso l’esterno del giardino con le cicale e il suono delle campanelle di vetro che “gridano” estate, One Summer Story è però soprattutto un altro tassello di quel mosaico che è il mondo visto attraverso la lente del suo regista. Ancora una volta il tocco leggero, obliquo, comico ma mai banale dell’autore giapponese rivela l’ottimismo di fondo della sua poetica, un ottimismo che non è mai melenso e scontato, ma che al contrario riesce a trasmettere una gioia per le piccole cose e per i momenti apparentemente insignificanti della vita dei protagonisti. 

Matteo Boscarol


Titolo originale: 子供はわかってあげない (Kodomo wa wakatte agenai); regia: Okita Shūichi; sceneggiatura: Okita Shūichi, Fujiki Mitsuhiko; soggetto: da un manga di Rettō Tajima; fotografia: Ashizawa Akiko; montaggio: Satō Takashi; musica: Ushio Kensuke; animazione: Kikuchi Katsuya; interpreti: Kamishiraishi Moka (Sakuta Minami), Hosoda Kanata (Moji Shōhei), Etsushi Toyokawa Etsushi (Waragai Tomomitsu), Chiba Yūdai (Moji Akihiro), Furutachi Kanji (Sakuta Kiyoshi), Saitō Yuki (Sakuta Yuki); produzione: Tsutsui Ryūhei, Yoshida Endō, Kubota Suguru, Sato Miyuki; durata: 138’; uscita nelle sale giapponesi: 20 agosto 2021. 



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