La Nikkatsu
nasce nel 1912 e si impone rapidamente come una delle protagoniste del cinema jidaigeki, ovvero di quei film in
costume spesso costruiti intorno alla figura del samurai, che hanno
rappresentato, sino alla fine della seconda guerra mondiale, all’incirca una
metà dell’intera produzione cinematografica nipponica. Per la compagnia lavorano
Makino Shōzō, considerato in patria il padre del cinema giapponese, e poi il
figlio, Makino Masahiro, che realizzerà più di 260 film nel corso di una
carriera che lo vedrà assoluto protagonista del cinema popolare, in particolare
nell’ambito dei jidaigeki, prima, e
dei ninkyō eiga (i film sulla
yakuza), poi. Ancora per la Nikkatsu, presteranno, negli anni Venti e Trenta, i
loro servizi due delle figure fondamentali del cinema di samurai: Itō Daisuke e
Yamanaka Sadao. Il primo è noto sia per la dimensione nichilista dei suoi
nobili eroi destinati alla sconfitta, secondo un codice culturale squisitamente
giapponese che tende ad ammirare più chi perde che chi vince, sia per il
carattere quasi acrobatico dei suoi movimenti di macchina; il secondo è considerato
l’Ozu del jidaigeki, per la forte
componente umanista delle sue opere, più attenta alla dimensione del quotidiano
che all’epica della spada.
Costretta dalla politica di guerra a fondersi con la Daiei nel 1942, la Nikkatsu riapre i battenti nel 1954, quando, dovendo ripartire da zero, si avvale di giovani maestranze, che infondono nella compagnia uno spirito nuovo, che accompagnerà il cinema giapponese in un’importante fase di transizione verso la modernità. Nascono così i film del cosiddetto taiyōzoku eiga (il film della tribù del sole), che ispirati ai romanzi di Ishihara Shintarō, apriranno, come disse Ōshima, una vera e propria breccia nella storia del cinema giapponese, rappresentando, per la prima volta, i bisogni e i desideri, anche quelli più dissoluti, delle nuove generazioni formatesi negli anni del dopoguerra. Nel periodo immediatamente successivo si affermano anche i cosiddetti Nikkatsu Action, thriller e film noir che per il carattere stilizzato delle loro immagini, sia nella composizione delle inquadrature sia nell’uso dei colori e della luce, segneranno un momento importante nell’evoluzione stilistica del cinema giapponese, ribadendone nel contempo la sua dimensione fortemente straniante. In questa fase di transizione verso la modernità, e poi della sua affermazione, giocano un ruolo chiave anche alcuni autori come Kawashima Yuzō, forse la ‘scoperta’ più importante della rassegna, e il più noto Imamura Shōhei, uno degli indiscussi protagonisti della Nouvelle Vague giapponese. Per non dire del lavoro di Suzuki Seijun che nel corso degli anni Sessanta radicalizzerà, in un’estetica esplicitamente autoriale, il lavoro già intrapreso dai precedenti Nikkatsu Action. Tuttavia, bisogna aggiungere, il licenziamento del regista avvenuto nel 1968, a causa dell’ “incomprensibilità” dei suoi film (fatto che lo costrinse a un lungo silenzio proprio al culmine della sua carriera) rimane una colpa che difficilmente si potrà perdonare alla sua casa madre.
Rivedere oggi i
film della Nikkatsu è, di fatto, un modo per ripercorrere l’intera storia del
cinema giapponese da una prospettiva fra le più utili alla sua vera conoscenza. [Dario Tomasi]
La retrospettiva Nikkatsu si terrà al Cinema Massimo di Torino dal 2 al 28 febbraio e dal 16 al 25 marzo 2012.
Il presente articolo sarà pubblicato sul numero 100 de «La Rivista del Cinematografo", febbraio 2012
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