sabato 7 gennaio 2012

Tokyo Playboy Club (東京プレイボーイクラブ)


Tōkyō pureibōi kurabu (東京プレイボーイクラブ, Tokyo Playboy Club). Regia e sceneggiatura: Okuda Yōsuke. Fotografia: Imai Takahiro. Interpreti e personaggi: Usuda Asami (Eriko), Ōmori Nao (Katsutoshi), Katakura Waki (Mari-chan), Mitsuishi Ken (Senkichi), Fuchikami Yasushi (Takahiro). Produzione: Kai Naoki per Midship / Style Jam. Durata: 92’. Uscita prevista nelle sale giapponesi: 4 febbraio 2012. Girato in HDCam.
Link: Sito ufficiale - Chris MaGee (J-Film-Pow-Wow)
Punteggio ★★★1/2  

Giovane cineasta emergente dell’ultimo cinema giapponese, Okuda Yōsuke ha già avuto modo di attirare l’attenzione internazionale sul proprio lavoro grazie alla trilogia Hot as Hell (il cui terzo episodio Hot as Hell: The Deadbeat Match abbiamo già avuto modo di recensire). Il maggior budget a disposizione e la possibilità di ricorrere ad un cast già di un certo prestigio (la giovane modella Usuda Asami, Ōmori Nao che fu Ichi in Ichi the Killer, e Mitsuishi Ken già visto in Noriko’s Dinner Table, Nightmare Detective 2 e Himizu) non hanno modificato d’alcunché  il modo di intendere il proprio lavoro da parte del regista. Il modello di riferimento è sempre quello del cinema di Tarantino (cui l’ultimo episodio della già citata trilogia era esplicitamente dedicato), in una logica squisitamente postmoderna (come programmaticamente testimonia la prima inquadratura del film: quel dettaglio della fiamma di un accendino e di una sigaretta che è divenuto un vero e proprio marchio identificativo di un certo tipo di cinema, almeno da Cuore selvaggio in poi). Come i precedenti suoi film, inoltre, anche Tokyo Playboy Club è ambientato del mondo della malavita, intorno a personaggi di perdenti cronici, che ruotano intorno ad un locale di prostituzione in cui mai si vede un cliente. I due protagonisti, il quasi psicopatico Katsutoshi, e la giovane lettrice dei romanzi di Osamu Dazai, Eriko, ci finiscono, perché, come loro stessi affermano, non hanno un posto migliore dove andare.
L’intreccio del film ruota sulla morte di un boss yakuza e sul tentativo dei suoi uomini di vendicarlo, fatto che coinvolge insieme a Katsutoshi e Eriko, anche il proprietario del Tokyo playboy club, Senkichi. Come già accadeva in precedenza, Okuda mescola personaggi segnati dal mal di vivere a delle figurine da fumetto (ad esempio i due chinpira), e li trascina tutti in un vortice di situazioni dal carattere tragicomico (che ricordano un po’ il primo Sabu). La già citata dimensione postmoderna del film è evidente dal trattamento spesso ironico di situazioni di per sé drammatiche. Si pensi al rinvenimento del cadavere del boss yakuza da parte di Senkichi e Katsutoshi, che trovano il modo di divertirsi davanti alla fotografia di un documento della vittima, e al grembiulino che (insieme a dei guanti di gomma, una mascherina e degli occhiali da saldatore) Katsutoshi indossa prima di fare a pezzi il cadavere  (cosa che avverrà rigorosamente fuoricampo). O ancora si veda la scena in cui sono gettati nel fiume i sacchetti contenenti le diverse parti del corpo del boss, nel corso della quale Senkichi si preoccupa soprattutto del fatto che la sua preziosa mazza da golf non finisca in acqua.
La parte finale del film vira su un tono più drammatico, come in particolare testimonia il pre-epilogo con Katsutoshi ed Eriko che in auto esprimono l’un l’altro tutto il loro disagio esistenziale, quasi nella forma di un anti-climax (a questo punto della storia ci si aspetterebbe più azione e ritmo). Altri aspetti caratterizzanti il lavoro sono l’uso insistito di canzoni pop (come quella giapponese che si avvia casualmente quando con un radioregistratore anni Ottanta, Eriko colpisce alla testa uno dei due chinpira) o quella che ad alto volume accompagna le ultime immagini del film, e una certa disinvoltura sul piano stilistico: dall’uso dei jump cut nelle scene di conversazione delle hostess del club, a quello da Bmovie dello zoom e dei primi piani nella scena del confronto definitivo fra Katsutoshi e i due assassini, sino all’originale inquadratura in profondità di campo che mostra sull’avan-piano il volto di Eriko coi suoi auricolari mentre è immersa nella lettura di un romanzo, e sullo sfondo il fidanzato Takehiro, che si agita facendo le valige, mentre la ragazza nemmeno si accorge della sua presenza. Presentato in anteprima mondiale al festival di Pusan e vincitore dello Student Jury Prize del Tokyo FILMeX (il festival voluto da Kitano Takeshi), Tokyo Playboy Club fa di Okuda Yōsuke uno dei cineasti giapponesi che varrà la pena di seguire nei prossimi anni. [Dario Tomasi]

3 commenti:

  1. visto al FilmEx, sai che a me proprio non è piaciuto....
    matteoB

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  2. Ma non ti è piaciuto il film, o è quel tipo di film a non piacerti? Io sono di una vecchia generazione cinefila... in potenza il cinema mi piace tutto e poi tocca a ogni singolo film sapersela cavare o meno nell'ambito del genere, tendenza, dimensione, in una parola dello sfondo in cui si muove.

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  3. certo il cinema è sempre bello, ma non so ho trovato la prima parte un po' fuori ritmo ( il mio ) è stiracciata...vabbè sarà stata anche la mia stanchezza....
    matteoB

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